domenica 22 febbraio 2015

Diario - 20/21 febbraio 2015

Solitudine bianca
due giorni tra i loricati ghiacciati

"A un certo momento, prima che il sole esca dall’orizzonte, c’è un fremito. Non è l’aria che si è mossa, è un qualche cosa che fa fremere l’erba, che fa fremere le fronde se ci sono alberi intorno, l’aria flessa, ed è un brivido che percorre anche la tua pelle.
E per conto mio è proprio il brivido della creazione, che il sole ci porta ogni mattina."

(Mario Rigoni Stern)

I pino loricati nella loro veste invernale di ghiaccio e neve li ammiriamo sempre dalle valli, dove vivono i montanari. Se la notte ha nevicato, al mattino la sommità della montagna brilla del bianco dei pini avvolti dalla neve. Al tramonto, quando il tempo è sereno si avvolgono delle ultime luci rossastre, poi l'incantesimo scompare. Il desiderio  degli appassionati sarebbe di poter essere là per ammirare lo spettacolo, ma quando si sta a casa e li si osserva da lontano, la veste di ghiaccio dell'alta montagna non fa che aumentare il fascino e il mistero di una visione assieme reale e irreale. Poi capita che finalmente si va in montagna e si ha l'occasione, in certe condizioni, di ammirare il ghiaccio sugli alberi. Una wilderness bianca, di silenzio e ghiaccio. Così l'escursione invernale diventa una sorta di pellegrinaggio postmoderno, più che una pratica sportiva. Un pellegrinaggio anche per la fatica e il sacrificio dell' ascesa. Nell'era moderna di certe montagne del "tutto e subito", della funivia o dell'eliski che sembrano portare subito in cima, mentre portano in realtà verso il nulla, verso un divertimento frivolo, c'è chi appunto va ancora "in pellegrinaggio", accentando la fatica, il freddo e... anche la rinuncia, quando la difficoltà e le condizioni proibitive della montagna impongono di stare a casa. Finché ci saranno aree selvagge (ovvero senza strade, rifugi, funivie ecc. ) ci sarà possibilità di vivere momenti di avventura, anche senza andare in Alaska e rimanendo nell'Appennino.


Dopo le nevicate di inizio mese che hanno sommerso la montagna, con gli ultimi giorni di clemenza per il bel tempo ho deciso di intraprendere una nuova solitaria invernale con quel pizzico di avventura in più rappresentato da un bivacco in alta quota, alla ricerca di "visioni" spettacolari create dalla neve e dai pini loricati ghiacciati, con le loro forme uniche e bizzarre. Sapevo che il tempo sabato sarebbe stato in peggioramento, per cui l'intenzione era di andare a "caccia di immagini" tra S. Crispo e S. delle Ciavole e poi bivaccare in quota per godere dell'alba del giorno dopo, smontare tutto e tornare velocemente a valle.
Nella prima parte del percorso la neve è ghiacciata e ancora bassa, si procede alla grande (chi pratica questa attività sa che vuol dire ciaspolare con neve profonda e molle!). Un piccolo imprevisto: si rompe un bastoncino per una mia distrazione e provo a ripararlo con del nastro: sembra funzionare, anche se traballa un pochino fa lo stesso il suo lavoro. Le ciaspole sulla neve crostosa e ghiacciata fanno molto rumore: un animale selvatico se anche fosse nei paraggi si terrebbe ben lontano dalla mia zona. Il manto nevoso comincia a farsi più soffice. Si ciaspola su uno strato di neve asciutta e farinosa, ma non si sprofonda più di tanto. Arrivato più in alto la neve è ancora sopra i faggi. Alcuni sono piegati ad arco, prostrati anzi, con la cima intrappolata e ricoperti di neve.

Intanto il sole comincia ad alzarsi e con la temperatura più alta il ghiaccio comincia a cadere a terra dagli alberi. Il cielo è senza una nuvola e il riverbero dei raggi solari sulla neve costringe a serrare gli occhi, nonostante gli occhiali da sole. Sole, neve e ghiaccio. Gli elementi primordiali qui la fanno da padrone. Ci saranno circa due metri di neve, come indica il palo della segnaletica sommerso.

Mi arrampico direttamente sui pendi rocciosi innevati e salgo in cima aggirandomi tra le sculture di neve e ghiaccio. Con il cielo senza una nuvola e la luce diretta non è proprio l'ideale per la fotografia, ma riesco a fare qualche foto decente. Foto a parte lo spettacolo è grandioso, come sempre.   Sono probabilmente il solo escursionista oggi che si aggira per queste zone, non si vede traccia umana, trovo tracce di ciaspolatori venuti qui il giorno prima.


Sulla Serretta ritrovo esemplari completamente avvolti dalla neve, nel versante in ombra. Il ghiaccio continua a cadere dai pini maggiormente esposti ai raggi del sole. Qui posso ammirare dei bellissimi cornicioni di neve, che ritrovo anche più giù verso i pianori. Anche sulla Serra delle Ciavole sono rimasti sulla cresta pini ancora coperti da neve e ghiaccio: il mio prossimo obiettivo è salire quindi sulla sommità dell'altra montagna. Qui la neve è immacolata, dispiace quasi doverla calpestare. Il sole è così forte che comincio a sentire caldo. Come in un deserto, qui di giorno fa caldo, se l'aria è calma e il cielo senza nuvole come oggi, mentre di notte cala col buio un gelo severo.

  


La luce intanto comincia a farsi più calda e le nuvole salgono sulle lontane valli  e dalle barriere dei versanti meridionali del Massiccio. Dopo una breve sosta alla cima mi tocca tornare indietro scegliendo un posto per bivaccare. Ai piani noto tanti pezzi di ghiaccio caduti dagli alberi e rotolati giù a valle. Si ode il verso del corvo imperiale e quello monotono e ripetuto di un uccello che non riesco ad identificare.
                                                                               


Cerco di trovare un posto abbastanza riparato dal vento nei pressi dei loricati, in modo da godermi lo spettacolo dell'alba dopo avere smontato il campo. L'ideale sarebbe scavare una trincea nella neve, ma non ho tempo e, senza una pala, con le ciaspole si spala lentamente. Devo trovare un'area in cui la neve sia abbastanza ghiacciata per piantare i picchetti. I picchetti di ferro della tenda con terreno innevato non servono a nulla, per cui devo usare cose più lunghe, a cominciare da quel che ho, la piccozza e i due bastoncini; inoltre ne faccio altri con dei rametti secchi di faggio. Lego tutto con lo spago ai picchetti ben piantati, con particolare attenzione al telo.

L'aria adesso è calma e non c'è un alito di vento, ma la situazione potrebbe cambiare nella notte. Dopo aver sistemato tutto vado a godermi il bel tramonto da un punto panoramico, affacciandomi su un mare di nubi delimitato dalla linea rossa dell'orizzionte, nel contrasto col cielo.


 Col buio, cala l'aria fredda dell'alta quota. Entro in tenda, lascio fuori solo le ciaspole preparandomi ad una lunga e gelida notte. Come da routine indosso il piumino, mi pulisco un po' e cambio i calzini, preparo prima materassino, sacco lenzuolo e sacco a pelo e mi metto nel sacco. Muoversi in uno spazio così angusto non è agevole, ma con pazienza e tenendo le cose in ordine ci si abitua. Mi preparo un po' di pastina in brodo e accendo una candela per riscaldare l'ambiente. L'aria è calma e non sento freddo, vestito e nel sacco a pelo. Tutto è avvolto dalla morsa del gelo. La bottiglia dell'acqua è ghiacciata, anche le scarpe lo sono.
Verso le otto e mezza spengo la luce della lampada e mi sdraio provando a dormire. Si ode solo il rumore del ghiaccio che casca dai patriarchi, avverto una sorta di comunanza con questi esseri vegetali, è come se un po' stessimo nella stessa condizione. Un allocco si fa vivo tra i pini col suo verso familiare: un "fratello della notte" che mi fa compagnia sempre nelle escursioni notturne.


Più che addormentarmi entro in uno stato di dormiveglia. Con il passare delle ore comincia a soffiare il vento, prima debolmente, poi in maniera più insistente. All'inizio ho come la sensazione che un animale stia muovendosi vicino alla tenda, ma è solo il vento (sensazione che provo spesso quando campeggio). Uso tutto il vestiario che ho per stare più al caldo e aumentare l'isolamento termico.  L'aria gelida entra nella tenda, il vento scuote il telo e il rumore che fa mi sveglia continuamente.

In situazioni come questa anche se non si dorme è comunque importante stare a riposo per recuperare le forze e continuare a marciare il giorno dopo. Sentire un po' di freddo è anche inevitabile, si bivacca pur sempre nella neve. Mi tolgo l'orologio-altimetro e lo pongo vicino all'apertura della tendina, per misurare la temperatura. Dopo un'ora controllo e il termometro segna meno 7,5 gradi. All'aperto sarà ancora più bassa. Dopo le quattro mi sveglio definitivamente, accendo una candela e sto ancora un po' nel sacco. Poi comincio a preparare il te' con il fornellino. Anche la torta di mele che ho portato è ghiacciata. Bevo un paio di bicchieri e il resto del te' va nel thermos. Dopo le noiose operazioni di messa a posto dei vari materiali esco dalla tenda e comincio a smontarla. I bastoni e la piccozza sembrano intrappolati nel ghiaccio e devo fare forza per levarli. Comincia ad albeggiare. Soffia il vento e il cielo è percorso dalle caratteristiche nubi stratiformi che annunciano l'arrivo prossimo del maltempo. I loricati si tingono di una luce calda e armoniosa... un effetto stupendo ma che dura per pochi minuti, per l'aumento della copertura nuvolosa. All'orizzonte il mar Ionio riflette la luce rossastra mentre le nuvole basse sembrano tanti immaginari bisonti di una prateria celeste.


Il nuovo giorno ha inizio, il forte vento mi obbliga a indossare il passamontagna. Scendo immediatamente di quota, per il pomeriggio le previsioni portavano piogge. Lungo la pista incontro le tracce di un branco di lupi (forse tre, quelle più grosse sono probabilmente del maschio "dominante"). Più avanti, ripercorrendo le mie tracce dell'andata noto che i lupi le hanno percorse per un tratto; ma ieri la neve era immacolata, le tracce non c'erano: un chiaro segno che i lupi sono passati in zona dopo di me, forse questa notte. I "fratelli della notte" si aggiravano furtivi nelle tenebre, quasi come fantasmi...


  

Saverio De Marco (Indio)