mercoledì 18 gennaio 2012

Albero nella neve

La visione di un deserto bianco, di un remoto avanposto della terra... ma è solo il ritaglio visivo di una fantasiosa impressione, perchè siamo ai Piani di Pollino e c'è neve e non sabbia... foto by Indio

lunedì 16 gennaio 2012

Diario - 15 gennaio 2012


Serra delle Ciavole dal canale sud-ovest, con i soci del C.A.I di Castrovillari


Massimo G. guida la scalata in uno scenario maestoso, dominato dai loricati di Serra delle Ciavole - foto by Indio. Sotto: 1. loricati a bandiera sulle rocce che delimitano il canale sud-ovest; 2. loricati sullo sfondo innevato dei Piani; 3. verso la fine della via; 4. la cordata di Pino in arrivo; 5. Piani di Pollino al tramonto: verso il ritorno; 6. foto panoramica con il versante sud di Serra delle Ciavole: la via percorsa si snoda sulla destra, sul canalino costeggiato dai pini loricati; 7. l'autore del blog a sinistra, tra gli altri (foto di Vincenzo Dileo)


Grazie alla circostanza di una mail arrivatami pur non essendo iscritto al C.A.I, ho chiesto agli organizzatori di questa escursione domenicale, Massimo G. e Franco F., di poter partecipare.  Arrivo molto presto, lascio la macchina nei pressi di Visitone e salgo a piedi fino a Colle Impiso. I calabresi sono in ritardo, perchè, causa innevamento,  invece di venire da Ruggio arriveranno da Rotonda. 
Il clima è davvero rigido. Sale una macchina e riconosco Pino, "amico virtuale" del blog Falcotrek. Anche lui e i suoi amici sono qui per l'escursione che avrà come obiettivo la risalita di un canalino sul ripido versante sud-ovest di Serra delle Ciavole: via aperta proprio da Massimo e Franco. Col tempo comincia ad arrivare gente, compresi Mimmo Pace, fondatore del C.A.I. di Castrovillari che ho già conosciuto e il Presidente Iannelli. Dopo mezz'ora di preparativi si parte, in fila indiana. Siamo in tanti (forse troppi!) divisi in un gruppo alpinistico e in uno escursionistico... in tutto una trentina di persone. Fredda giornata oggi, anzi, freddissima, ma soleggiata. I Piani di Pollino si mostrano in tutto il loro splendore invernale... Una distesa immensa di neve e ghiaccio. Cercando inquadrature mi isolo un po' dal gruppo. Di fronte a tali scenari è spontaneo per me appartarmi e riflettere. Per me è una specie di confessionale la montagna: mentre cammino mi vengono in mente cose sbagliate che ho fatto o pensato. 
 Forse ognuno di noi ha un lato oscuro dentro se stesso, e questa luce paradisiaca è come se illuminasse anche il cuore... Arrivati alla base del canalone si deve dividere il gruppo alpinistico in cordate. Come spiegano Franco e Massimo l'ideale sarebbe formare cordate da due persone, ma non abbiamo abbastanza corde e perciò le cordate debbono essere composte da quattro persone. L'esperienza della cordata è nuova per me. Mi aggrego alla prima, guidata da Massimo che farà anche da guida. Iniziamo a salire superando il boschetto di faggio e sbuchiamo tra i pini loricati. Scopro inediti scorci di Serra delle Ciavole e la sensazione è davvero di appagamento. Le vie più impegnative dei versanti di queste montagne consentono di entrare in sintonia con gli ambienti più selvaggi del Pollino. E' la dimostrazione che sul Pollino si può fare un alpinismo "contemplativo",  che dà la possibilità di ammirare scenari non compromessi da opere impattanti come strade, vie ferrate, funivie, rifugi; un tipo di alpinismo relativamente facile, anche se forse abbastanza impegnativo per quelli che in gergo alpinistico vengono detti "avvicinamenti" (avvicinamenti che, almeno per il Pollino valgono essi stessi l'escursione);
Una pratica sportiva concepita solo come "strumento" per vivere in maniera naturale la bellezza della montagna.  Penso poi che la montagna non si valuti in cifre, altitudini o in livelli di difficoltà, perchè altrimenti dovremo, in base a questi parametri,  attribuire scarso valore alpinistico ad un massiccio come quello del Pollino. E' a mio avviso il "valore wilderness", invece,  la grande risorsa dell' escursionismo e dell' alpinismo del Pollino. Ne consegue che, solo se riusciremo a conservare gli ambienti naturali del Parco  potremo fare un tipo di alpinismo ed escursionismo non artificiosi e  capaci di dare all'uomo il senso dell'avventura e del contatto con la natura selvaggia, fuori da eccessivi tecnicismi,  comodità e preoccupazioni per le performances, svilenti spesso, il senso stesso dell'alpinismo "tradizionale". Ritroviamo i nostri limiti, come dice Messner, solo se conserviamo la naturalità della montagna, per garantire all'uomo quegli stati d'animo che sono costitutivi dello stesso concetto di wilderness. 
Gli scenari di questa via sono stupendi e sarebbe bello stare qui a godermeli e a fare più foto, ma siamo già in ritardo con la tabella di marcia e non posso fermarmi troppo a fotografare, perchè la cordata giustamente "preme" dietro di me. 
Il canale si fa sempre più ripido e in alcuni tratti bisogna procedere coi ramponi a spina di pesce o alla "francese"; ma nella maggior parte dei casi la neve non è ghiacciata e si riesce facilmente ad ottenere dei gradini procedendo con le punte degli scarponi. Al di là della tecnica migliore, dal canto mio trovo istintivo procedere con il bacino all'indietro, un po' accovacciato, scalciando con le punte per creare i gradini. Massimo passa accanto ad un esemplare di loricato, si assicura con cordino e moschettone e poi si sposta sulla destra. Tocca a me, una volta arrivato,  rimuovere moschettone e cordino. La via è quasi finita e adesso bisogna procedere "dritto per dritto" verso le rocce che ci sovrastano. Arrivati ad una sommità la mia cordata si scioglie mentre le altre  lentamente giungono a destinazione. Il cielo sta annuvolando e il freddo gelido si fa sentire... ho dimenticato anche la mia giacca a vento e perciò devo stare in movimento, anche perchè i pile che ho addosso sono sudati. Arriviamo all'anticima di Serra delle Ciavole con i caratteristici pini secchi "gemelli". Pace ricorda che stavano nella copertina di un suo libro sul Pollino... Ci fermiamo qui dieci minuti per mangiare qualcosa. Siamo tutti infreddoliti. Ho lasciato una mano senza guanto per poter scattare le foto e anche l'altra è gelida. 
Ci avviamo verso la cima per una foto di gruppo ma io devo fermarmi perchè le mani hanno perso quasi del tutto la sensibilità. Non resta che metterle sotto le ascelle per riscaldarle. Abbiamo misurato la temperatura sulla cima che è meno 9 gradi sotto zero. Dopo la foto ci avviamo subito verso la via del ritorno, perchè è davvero tardi e dovremo fare il percorso per Colle Impiso con le lampade frontali. Ai Piani di Pollino comincia stranamente a nevicare... mentre ad ovest, sulle montagne dell'orizzonte al tramonto, domina un cielo sereno striato di nuvole rossastre... 




domenica 1 gennaio 2012

Diario - 31 dicembre 2011

Una ciaspolata nella foresta



“Un vero viaggio di scoperta non è cercare nuove terre, ma avere nuovi occhi”
(M.Proust)

Veduta di uno scorcio di Cugno dell'Acero - foto by Indio. Sotto: 1. la neve che copre i faggi crea quasi un quadro astratto di linee verticali allineate; 2. un tratto del Canale Cugno dell'Acero; 3. veduta della foresta, dai piedi della cresta nord di Serra Crispo; 4. gli abeti di Piano San Francesco; 5. impronte di lupo nella neve; 6. paesaggio dai pascoli di Monte Pelato; 7. autoscatto nella neve

Avevo in programma un'escursione invernale alla Serra di Crispo dalla cresta nord, esattamente come quella di due anni fa. Ma la grande quantità di neve caduta in questi giorni ha ridimensionato i miei obiettivi... strada facendo.
 Parto da casa un paio di ore prima dell'alba. Anche stanotte ha nevicato, ma le previsioni mettono tempo poco nuvoloso. Faccio un pezzo di strada asfaltata, anche questa ingombra da un certo punto in poi da neve e ghiaccio. La strada asfaltata termina vicino ad un ovile di pastori, da qui si segue uno sterrato e poi un sentiero che mi porterà ad Acquatremola. La neve già qui è tanta, asciutta  e farinosa, e si sprofonda. Trovo delle tracce di lupo e seguo la sua pista in modo da sprofondare di meno. Metto giacca a vento per il freddo e le ciaspole, perchè la neve qui diventa sempre più alta... Prendo il sentiero di pecore che seguo sempre quando vengo da queste parti, ma ovviamente è tutto sepolto dalla neve e dovrò orientarmi in base ai punti di riferimento che conosco. Si può andare di notte con la neve solo se si conosce bene il percorso. 
E' una strana notte oggi, vedo lampi e sento tuoni all'orizzonte verso sud-ovest; in certe parti di cielo si vedono le stelle ma le montagne sono avvolte dalla nebbia. Intanto si fa sentire anche il vento freddo, che trasporta minuscoli granelli di neve fresca: si riflettono alla luce della lampada frontale come tanti trattini di luce. Ma i granelli cadono anche dal cielo ed è il segno che sta ancora nevicando. Procedo nei pascoli immersi nella neve, cercando di riconoscere i punti di riferimento che mi porteranno dalla giusta parte, facendo anche dietrofront in qualche caso. Il buio in montagna  mette sempre una certa apprensione, anche se irrazionale. Non esistono "pericoli", nè di animali selvatici né di altra natura; forse ciò che intimorisce davvero sono il mutismo, una indifferenza e un senso del non visibile che si scontrano contro le rassicurazioni umane della socialità e del rifugio rappresentato dall'avere case nelle vicinanze...
Ad un certo punto cala la nebbia e non vedo più niente, mi fermo e aspetto che la situazione cambi. Subito dopo la nebbia si dirada e sopra di me appare la volta scura del cielo stellato. Ci vuole ancora tempo affinché faccia giorno ed è ancora buio: solo oltre il Monte Pelato un evanescente chiarore sembra aleggiare all'orizzonte.  Non c'è traccia animali da queste parti, trovo solo un piccolo ragno nella neve, morto. L'alba porta una debole luce che mi permette di procedere finalmente senza lampada. Il tempo è nuvoloso ma spero che migliori più tardi. La neve più che essere tanta, è asciutta: si sprofonda e tutto ciò rallenta molto la marcia. Già adesso ho ridimensionato l'obiettivo: se ci riuscirò arriverò sulla punta della cresta nord da Piano San Francesco e ridiscenderò per la stessa via, senza arrivare alla cima. La foresta è ammantata di neve, che ricopre i tronchi e i rami, di faggio e di abete bianco. 
Spicca su tutto la veste invernale degli abeti ricoperti di neve, che dà alla foresta un'"atmosfera fiabesca" , come direbbe il buon Braschi. Le stagioni cambiano la montagna, ma non solo, anche le condizioni climatiche: e oggi la montagna sembra ancora più selvaggia e inaccessibile. Il freddo é tanto ma se si cammina non lo si sente. Si avverte a che temperatura stiamo quando ci si ferma qualche minuto per mangiare qualcosa.  Al Piano di San francesco finalmente esce il sole, il quale illumina la schiera di abeti che popolano il limitare della radura. Scendo verso Canale Cugno dell'Acero e anche  qui il paesaggio è dominato dalle rotondità delle forme della neve, che ricopre tutto. Da qui taglio a sinistra, in direzione della cresta nord, risalendo i pendii coperti dalla foresta. Scopro un bellissimo scorcio: una radura abitata dagli abeti illuminata dalla tenue luce filtrata dalle nuvole. E' davvero dura risalire i pendii, e più salgo e più la neve aumenta. Vedo la selvaggia cresta nord stagliarsi nella sua imponenza sulla foresta, sullo sfondo dei rami degli alberi... così vicina e così lontana per la neve. Metto il cappuccio, perchè smuovendo gli alberi mi cade la neve addosso e si infila nel collo. Ad un certo punto devo levarmi le ciaspole, perchè non riesco più a procedere. Prendo la piccoza e risalgo con la tecnica che si usa per i pendii, anche se in alcuni punti le gambe sprofondano fino alla vita. 
La cosa importante nelle escursioni invernali è avere un'attrezzatura essenziale, pratica e funzionale, che permetta soprattutto di restare asciutti e di non soffrire il freddo. Ho per esempio le mani congelate, perchè i guanti che indosso sono troppo sottili, ma ho portato con me anche i guanti da sci che mi consentono di appoggiare le mani nella neve.  Sbuco in un' altura da cui posso osservare la foresta che sta ai miei piedi. Sono già in ritardo con la tabella di marcia. Ho messo come limite le ore 12. Poi, dovunque mi trovi dovrò riprendere la via del ritorno, che è molto lunga, anche se sarò aiutato dal fatto di seguire la pista che ho già aperto nella neve. Non mi va di ritornare tardi,  stremato e per giunta col buio. Si riaffaccia un acuto dolorino all'anca sinistra, uno stiramento che ebbi in una  palestra di arrampicata sportiva, che ogni tanto si rifà vivo. Di sicuro oggi non sono al meglio delle mie performance e per affrontare la montagna in inverno più si è allenati e meglio è. Sono le undici passate e decido che è vano proseguire, visto che non riuscirò ad arrivare così presto all'obiettivo. Faccio un autoscatto per immortalare questo giorno. 
C'è quasi un metro di neve qui: la mia piccozza è 6o centimetri e supera il livello della neve di circa 20. Sarebbe bello campeggiare per più giorni anche se in condizioni un po' proibitive, e godersi questi paesaggi immacolati senza fretta. Lungo l'agevole ritorno il cielo ridiventa sereno.  Incontro solo delle piccole cinciarelle che saltellano da un ramo all'altro degli abeti. Forse in questa desolazione di freddo e neve si ciberanno delle larve che si trovano sotto la corteccia degli alberi. Il paesaggio che non avevo potuto osservare stamane per il buio si disvela illuminato dal sole del tramonto. Proprio da qui c'è una bella veduta di Serra di Crispo, da cui si nota bene la ripida cresta nord. Sarebbe opportuno creare un sentiero "ufficiale", con un minimo di segnalazione per dare la possibilità anche ai visitatori di osservare questi panorami che si aprono nei boschi e pascoli sopra Mezzana Salice, attorno ai piedi del Monte Pelato. Ritrovo le impronte di lupo e così lo sterrato che mi porterà alla strada asfaltata e così al mio villaggio...