venerdì 25 maggio 2007

Grizzly Man - Werner Herzog

Grizzly Man è il capolavoro tra i documentari del regista Werner Herzog. E' anche un esempio di come il documentario possa ergersi al livello di genere cinematografico a sè stante, dotato di piena qualità e dignità artistica. Grizzly Man risulta un capolavoro anche e forse soprattutto rispetto alla realizzazione tecnica, essendo stilisticamente perfetto. Il documentario è incentrato sulla figura del naturalista Timothy Treadwell, il quale passò tredici estati in una parte incontaminata dell'Alaska, per studiare e filmare la vita degli orsi grizzly . La sua vicenda finirà tragicamente, perché verrà sbranato assieme alla ragazza proprio da quegli orsi che lui amava tanto. Herzog ripropone nel suo documentario molte scene tratte dalle oltre 100 ore di filmati realizzati da Treadwell nel corso della sua permanenza nella terra dei grizzly. Grizzly Man si impone subito come una profonda riflessione sulla natura selvaggia e sugli uomini che la amano e che vogliono rifugiarsi in essa fuggendo la misera realtà del mondo civilizzato. Si comprende subito che Treadwell in realtà più che un naturalista rigoroso è un sognatore, un anti-eroe che detesta il mondo civile e che cerca di essere accolto dalla "comunità" degli orsi, tentando di diventare loro amico. Le immagini più frequenti di Treadwell sono quelle in cui lui parla alla telecamera a pochi metri dagli orsi grizzly o quelle relative ai suoi tentativi di avvicinarsi agli orsi quasi per toccarli. Treadwell non cerca, da come si evince nella maggior parte delle scene, di filmare la vita degli orsi da osservatore esterno, ma di raccontare nelle immagini la "sua" interazione con questi animali, il rapporto empatico che intrattiene con loro e con altri animali come le volpi (stupende e commomenti le immagini delle volpi che corrono e giocano con Treadwell). Anche la motivazione che spinge Treadwell a a stare tanto tempo con gli orsi è piuttosto ambigua: Treadwell pensa di assolvere un grande compito, che è quello di difendere gli orsi dai bracconieri; motivazione futile in quanto, da come si nota dalle interviste ad alcuni ecologisti, l'orso grizzly non è minacciato e vive libero nei parchi nazionali. Come giustamente gli ecologisti fanno notare, gli orsi vanno studiati a distanza e senza avvicinarli; anche perchè sono animali che possono diventare estremamente pericolosi. Ma Treadwell non bada a tutto questo, proprio perchè non è uno scienziato ma un sognatore, un amante della natura che paradossalmente non fa che andare "contro natura".Treadwell vorrebbe vedere nella natura solo il bene, solo l'armonia; di sicuro non è però un ingenuo e riconosce di essere costantemente in pericolo , di correre il rischio di venire sbranato dagli orsi e lo dice ad alta voce in più occasioni . Ma questa coscienza non supera la volontà di credere nell' illusione di una natura che possa mostrarsi miracolosamente benigna( vicina cioè ai canoni di ciò che noi uomini consideriamo "bene"), che venga incontro ai nostri sogni. Treadwell non riesce ad accettare la morte di un orsetto ad opera di un maschio adulto della stessa specie; invoca rabbioso Dio (anche se è ateo) di far piovere, perchè altrimenti gli orsi con il letto dei torrenti a secco non potranno pescare i salmoni e patiranno quindi la fame; piange e si dispera quando trova, dopo il ritorno nella terra degli orsi alcuni animali morti per la fame e la siccità, in un'atmosfera di desolazione e di morte. Treadwell sembra ostinarsi a non voler accettare che la natura, come invece dice Herzog, sia "caos, conflitto e morte" e non armonia. Si potrebbe dire che in natura in realtà c'è un'armonia, ma la conflittualità, la lotta per la sopravvivenza, sono alla base dei cicli naturali di quel sistema complesso dove ogni elemento interagisce con un altro fino a formare una specie di "ordine". Treadwell sembra costantemente non volere accettare tutto ciò. Treadwell è un utopista, un eroe folle che oltrepassa i limiti imposti proprio dalle leggi inesorabili della natura. E' un sogno che accomuna tutti quelli che vogliono fuggire, anche se per breve tempo, dalle regole imposte dalla cività e confrontarsi con le leggi ben più ferree della natura per interagire con gli elementinaturali e assistere agli spettacoli che il wild ci regala. Desiderare la wilderness significa seguire i nostri istinti primordiali che ci conducolo inevitabilmente al contatto con la terra, con la vita selvaggia di animali e piante: una dimensione "altra" che, come diceva Treadwell ci fa sentire liberi e partecipi dello splendore del mondo... La natura non è nè buona nè cattiva e noi dobbiamo avvicinarci ad essa con timore e rispetto, consapevoli del fatto che oltrepassare i suoi limiti potrebbe significare la morte per noi. Ma questo è un discorso razionale ed era compreso solo in minima parte per Treadwell. Timothy TreadWell era consapevole dei rischi che correva, ma era una consapevolezza effimera, che non lo fermava, che non lo conduceva ad avere paura... Se c'è una cosa che a Treadwell non mancava era proprio il coraggio, un coraggio ai limiti della follia. Trweadwell si configura così come uno dei tanti anti-eroi del cinema di Werner Herzog, uomini folli che sfidano se stessi, spinti ad agire da formidabili sogni; uomini "diversi" e proprio per questo autenticamente "umani", dotati di una sensibilità del tutto particolare e seguiti dall'ombra della sconfitta, che si staglia inesorabilmente sulle loro illusioni...

lunedì 14 maggio 2007

The White Diamond - Werner Herzog

Esistono uomini che hanno un grande sogno nella loro vita e, nonostante le sconfitte, le delusioni e le rinunce e a volte persino le tragedie, lo perseguono con caparbietà (che sfiora la follia) per tutta la loro vita. E' il caso dell'ingegnere Dorrington, che, innamorato del volo e della natura ha l'obiettivo di volare con un piccolo dirigibile su una parte incontaminata della foresta amazzonica, sfiorando la nebbia che avvolge le cime dei suoi maestosi alberi. Dorrington ha fatto già un tentativo una volta, accompagnato dal regista Dieter Place, il cui colmpito era di filmare l'impresa. Il tentativo finisce in tragedia perchè il piccolo dirigibile si sfracella e il regista muore precipitando da un albero tra i cui rami i resti del veivolo erano rimasti impigliati. Il senso di colpa dell'ingegnere per quella tragedia pervade tutto il film...ma non ci si può arrendere, nonostante il rimorso e la sconfitta. Così l'ingegnere ritenta il volo, accompagnato dal grande regista Werner Herzog. Dopo vari tentativi infruttuosi alla fine il volo riesce. "Era come se mi trovassi in paradiso" dice Dorrington "è stato bellissimo, se chiudo gli occhi ancora mi sembra di stare volando". E' un minatore detto Barbarossa , che partecipa alla spedizione, a dare il nome di Diamante Bianco al piccolo dirigibile che vola basso e senza far rumore sulla foresta, un uomo solo e un saggio conoscitore della foresta e dei suoi segreti, come le proprietà officinali di alcune piante. Stupende sono le immagini del film, come quelle dell'altissima cascata, su cui si gettano roteando centinaia di migliaia di rondoni. Dietro di essa si nasconde una caverna nella quale questi uccelli fanno il loro nido, che rappresenta il loro inviolabile regno segreto. Bellissime le immagini degli stormi di rondoni che volano intorno alla cascata e quelle riprese dal dirigibile... una foresta immensa... le nuvole che la avvolgono e che diradandosi lasciano intravedere le cime maestose degli enormi alberi. "Sembrava di essere in paradiso" dice Dorrington, un paradiso reale, presente qui sulla terra, e che le forze cieche dell'economia di mercato stanno distruggendo, giorno dopo giorno, lentamente ma inesorabilmente... Senza luoghi così suggestivi non si potranno nemmeno aver sogni come quello dell'ingegnere Dorrington, e senza sogni che ci elevino dalle miserie della vita quotidiana, la vita appare molto più banale e insensata...

mercoledì 2 maggio 2007

Diario - 13 aprile 2007

foto by Indio
Mare di nubi - Scalata di Serra del Prete
Da casa mia posso osservare molto bene questa montagna. La veduta col binocolo della sua cima innevata e la ripida salita per arrivare in vetta non possono che spingere a voler fare una bella scalata... A Colle Impiso c'è ancora parecchia neve. Dato che la temperatura è mite la neve è marcia. Le mie racchette sono perciò d'obbligo. Il sentiero è segnalato bene, per cui arrivo facilmente al crinale seguendo il quale si arriva in vetta. Il crinale è coperto dalla fitta faggeta fino ad un certo punto. Usciti dal bosco inizia la salita spettacolare che condurrà fino in vetta. La neve si presenta più consistente sul terreno scoperto dagli alberi. La salita è abbastanza faticosa, e segue il cornicione di neve che siè formato lungo il crinale. Se la neve fosse ghiacciata credo proprio che le racchette servirebbero a poco. Ci vorrebbero ramponi e picozza. In queste condizioni questo tratto potrebbe ben definirsi "alpinistico". Un piede dopo l'altro e la cima si avvicina. Di fronte a me si erge maestoso il Monte Pollino, il vero dio di questo olimpo della natura... Raggiungo la cima dopo circa tre ore, segnalata da un bastone in mezzo ad un mucchio di pietre. Sono a 2127 metri. Appena raggiunta la sommità ecco subito uno spettacolo da mozzare il fiato: sotto di me, a sud, si estende un vero e proprio mare di nubi. Io sono sopra di loro... Il loro orizzonte sembra sconfinato. Un altro piccolo spettacolo è rappresentato da centinaia di coccinelle ammucchiate sulle pietre che segnalano la cima. Che ci faranno là così in tante? Mi riposo un pò e mangio la mia colazione composta come al solito da fichi secchi, biscotti e cioccolata. Sarebbe bello seguire il crinale sud , che scende a Gaudolino, ma ci vuole tempo e devo rispettare gli orari. Seguo la pista dell'andata ripercorrendo le mie tracce. Levo le racchette, perchè in discesa sono scomode, usando solo gli scarponi e poggiando il piede sui gradini scavati dalle racchette all'andata. Mi lascio così alle spalle la cima della montagna, con quella splendida visione, quel mare di nubi sospeso nel cielo...